sabato 20 gennaio 2018

Più e meno. Al voto! Al voto!

Hieronymus Bosch, La nave dei folli, 1494 ca., Parigi

























Dei deliranti detti e discorsi, petulii puerili, fermezze guaste, proclami tonitruanti, querule tenzoni, putrescenti appelli e pelosissime compassioni, che oggidì rompono in chiasso, si dubita che residui, depositandosi la nube del frastuono, un qualche senso dicibile secondo ragione. E tuttavia, la babelica Fregnacceide inscenata senza pudore dagli statisti in campo, lungi dalla parvenza fantasmagorica, monocorde reitera un unico schema loico miserrimo retto esclusivamente sull'addizione e sulla sottrazione. Nientaltro che più questo e meno quello, dove la somma dei più cresce in dismisura ad ogni giro e a ogni corsa, sfidando le favole più corrive, e parimenti gli accatastati meno giungono a formare unaltissima e avvampante pira tale da suscitare un indignato e vindice canto: «Empi spegnetela, o ch’io tra poco, / Col sangue vostro la spegnerò» (Il Trovatore).
Codesto ragionare per somma e sottrazione tolto in prestito alla retorica imbonitoria da fiera di paese, nondimeno, reca a corredo solo lo smunto e leccato sembiante del contaballe di turno, mentre l’onesto e verace imbonitore, almeno, è sempre pronto a dare prove tangibili dei mirabolanti pregi dei suoi coltelli prodigiosi, affettando zucchini e patate con destrezza esemplare squadernata sotto gli occhi increduli dei siori e delle siore astanti in diffidente visibilio. Il garrulo statista in pectore, di contro, come Mackie Messer, ha il coltello ma vedere non lo fa.
Per addizione e sottrazione, del resto, si produce l’agognata neutralizzazione di ogni articolato argomento ragionante, a beneficio della facondia di un tanto al chilo, terreno fertilissimo per ogni approssimazione condita dell’insipienza più efferata offerta in sacrificio alle plaudenti opposte fazioni analfabete.
Pur rammentando il venerabile adagio che senza esteso sapere e diffusa virtù il suffragio universale è solo riserva di caccia di tristi demagoghi, tale tenore del confronto elettorale in corso, non può che destare raccapriccio, ma non sorpresa, confermando il giudizio che, in ben altra temperie, formulò un disincantato e lapidario Luigi Pintor, ossia, che le elezioni sono trappole per coglioni.