Sulla nuova Collezione "Masters" di LV & JK
(immagini omesse per dispetto, disponibili qui)
Nutrendo una incrollabile certezza sulla inutilità sociale
dell’indignazione, e dovendo riservare un malmostoso e risentito rancore a
vicende di ben altro scandalo, ci tocca di destinare, al rimanente vasto
squallore che incombe, un divertito disprezzo, una distratta disistima, un
indifferente biasimo.
S’era tutti, nevvero, in febbricitante e spasmodica attesa delle
novità straordinarie che avrebbe generato l’annunciata collaborazione del più
grande artista di tutti i tempi, JK, già marito dell'onorevole Ilona Staller, con LV, il
marchio del lusso più prestigioso dell’universo. Perfino nell’Olimpo gli dèi
s’erano accalcati senza ritegno, tra spintoni e gomitate tutt’altro che commendevoli, pur di
stare in prima fila per meglio ammirare l’imminente collezione strabiliante.
E che ti cavano quelli dal cilindro? Quattro borse con su stampati
particolari di immortali capolavori di Leonardo, Tiziano, Rubens, Fragonard e
Van Gogh. Basiti per l’incredibile trovata creativa, mentre il rovello ancora oscilla incerto tra meco e stica, dovendo del resto tacere d’altre estasi per pudore e convenienza, sorge
nondimanco spontanea una domanda. Ma come hanno fatto ad ottenere il consenso
di quel pazzo di Vincent, o di quell’altro burbero e incazzoso di Leonardo? Ah, ecco, già sono morti Vincent e gli altri, né hanno eredi con stuoli d’avvocati per tutelarne i diritti.
Pare una sorta di contrappasso, per interposta persona: il povero, si fa per
dire, LV riprodotto da falsari in ogni angolo del mondo, che si fa falsario a
sua volta, sfruttando a gratis e senza consenso, l’opera dell’ingegno altrui.
Ogni scrupolo morale o bottegaio potrebbe tuttavia sospendersi,
innanzi all’eventuale valore simbolico della cosa in sé, sempre che se ne rinvenisse
alcuno. Poiché, di contro, pare difficile negare che il grandissimo artista, complice e ispiratore della trovata, con quest’ultima prodezza voglia ribadire l'assoluta centralità della transustanziazione della paccottiglia, il trionfo del kitsch
che s'invera nel lucroso vertice del patacca-style. Se
poi le stampate borsette implicassero una immonda reificazione mercantile di opere dello spirito,
chi se ne fotte. Volete mettere il piacere e l’innegabile buon gusto di
trasformare in inconsapevoli e ambulanti testimoni d’arte, strafighe ancheggianti in
luxury hotel a Dubai, o isteriche mogli di commercialisti in shopping compulsivo
tra San Babila e via Bigli?
Del resto, è il lusso, bellezza! Come dubitare che i vizi privati
di Odette de Crecy, per eterogenesi dei fini, non siano, con ogni evidenza, preclare e pubbliche virtù? Avrà pensato l’artista, mentre sbirciava compiaciuto l’ultimo estratto
conto ricevuto dalla sua banca.
Nessun commento:
Posta un commento