lunedì 1 maggio 2017

L’arte della figa

Sulla nuova Collezione "Masters" di LV & JK
(immagini omesse per dispetto, disponibili qui)
















Nutrendo una incrollabile certezza sulla inutilità sociale dell’indignazione, e dovendo riservare un malmostoso e risentito rancore a vicende di ben altro scandalo, ci tocca di destinare, al rimanente vasto squallore che incombe, un divertito disprezzo, una distratta disistima, un indifferente biasimo.
S’era tutti, nevvero, in febbricitante e spasmodica attesa delle novità straordinarie che avrebbe generato l’annunciata collaborazione del più grande artista di tutti i tempi, JK, già marito dell'onorevole Ilona Staller, con LV, il marchio del lusso più prestigioso dell’universo. Perfino nell’Olimpo gli dèi s’erano accalcati senza ritegno, tra spintoni e gomitate tutt’altro che commendevoli, pur di stare in prima fila per meglio ammirare l’imminente collezione strabiliante.
E che ti cavano quelli dal cilindro? Quattro borse con su stampati particolari di immortali capolavori di Leonardo, Tiziano, Rubens, Fragonard e Van Gogh. Basiti per l’incredibile trovata creativa, mentre il rovello ancora oscilla incerto tra meco e stica, dovendo del resto tacere daltre estasi per pudore e convenienza, sorge nondimanco spontanea una domanda. Ma come hanno fatto ad ottenere il consenso di quel pazzo di Vincent, o di quell’altro burbero e incazzoso di Leonardo? Ah, ecco, già sono morti Vincent e gli altri, né hanno eredi con stuoli d’avvocati per tutelarne i diritti. Pare una sorta di contrappasso, per interposta persona: il povero, si fa per dire, LV riprodotto da falsari in ogni angolo del mondo, che si fa falsario a sua volta, sfruttando a gratis e senza consenso, l’opera dell’ingegno altrui.
Ogni scrupolo morale o bottegaio potrebbe tuttavia sospendersi, innanzi alleventuale valore simbolico della cosa in sé, sempre che se ne rinvenisse alcuno. Poiché, di contro, pare difficile negare che il grandissimo artista, complice e ispiratore della trovata, con quest’ultima prodezza voglia ribadire l'assoluta centralità della transustanziazione della paccottiglia, il trionfo del kitsch che s'invera nel lucroso vertice del patacca-style. Se poi le stampate borsette implicassero una immonda reificazione mercantile di opere dello spirito, chi se ne fotte. Volete mettere il piacere e l’innegabile buon gusto di trasformare in inconsapevoli e ambulanti testimoni d’arte, strafighe ancheggianti in luxury hotel a Dubai, o isteriche mogli di commercialisti in shopping compulsivo tra San Babila e via Bigli?
Del resto, è il lusso, bellezza! Come dubitare che i vizi privati di Odette de Crecy, per eterogenesi dei fini, non siano, con ogni evidenza, preclare e  pubbliche virtù? Avrà pensato l’artista, mentre sbirciava compiaciuto l’ultimo estratto conto ricevuto dalla sua banca.

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