Alla svolta del vento è un verso bellissimo
di Vittorio Sereni, indegnamente estorto per farne il titolo di questo smilzo libriccino
di versi, perché, a raccolta finita, ho scoperto che in essa il vento vi correva
e ricorreva più d’ogni altra cosa, indipendentemente da una consapevole
intenzione.
Altro era il deliberato
titolo iniziale, che tuttavia l’evidenza materiale dei testi ha senz’altro mandato
in soffitta: capita, talora, che i libri si scelgano il titolo da soli.
La poesia, al di là dell’esaltazione
e del disprezzo, in definitiva è solo un linguaggio tra i tanti, come la
pittura, il cinema, la scultura, la musica, o per evitare esempi solo alti, la
segnaletica stradale. Per i più scettici, volendo approssimarsi ad un grado
zero di definizione, valgano le parole di J. L. Borges secondo cui «la forma
tipografica del testo [dei versi] serve ad annunciare al lettore che ciò che l’aspetta
è l’emozione poetica, non l’informazione o il ragionamento». Certo, altri han
preteso, non senza ragione, che la poesia debba essere un «dire più dicente»,
ma i prodigi, si sa, accadono di rado.
Alla svolta del vento nasce dal desiderio di saggiare
la materia sonora delle parole, nella ludica e vana illusione che l’armonia di
suoni e ritmi possa generare visioni e sensi ulteriori, ancorché frammentari e
fragili, né chiari né distinti del resto, ma nondimeno essenziali ad una
comprensione del mondo che è già sapere senza essere ancora conoscenza.
Di qui una ricerca di rispecchiamenti
tra significanti e significati per ripercorrere la via tra le parole e le cose,
evitando il cupo periplo dell’ombelico, poiché lo sguardo negli specchi è pura
perdita, mentre alle finestre c’è tutto lo stupore dell’esistenza, nel suo
splendore e nel suo squallore.
Camillo Sbarbaro, gran
birichino, scriveva in Fuochi fatui
che la poesia è un altro vizio solitario.
Eppure. Eppure ogni scrittura è, senza rimedio, appello incessante alla cerimonia
della fruizione. Ecco perché, pur tra mille dubbi e timori non sopiti, si esce ora
dall’ombra, senz’altro intento se non quello di rientrarvi, usando il breve
interludio tra le due ombre per proporre ad altri, così e semplicemente, appena
un gioco lieve incline al canto, tra storte sillabe e secche talora ed altre volte
umide d’aria sorridente.
Il non voluminoso
volumetto si compone di un proemio, La
musa frugale, e cinque sezioni: Elegie,
Dicerie, Personae, Partiture e Scritture. I testi proposti sono
moderatamente brevi e brevissimi, salvo che il lettore non conti i silenzi, in
verità necessari come l’ombra alla luce.
Il libriccino ha preso
una compiuta forma in carta e dorso, grazie alle amorevoli e sapienti cure di
Franco Chirico, che certamente lo avrebbe reso molto più bello senza le mie insensate
resistenze ispirate alla presunta sobrietà di disadorni papiri e maleodoranti pergamene.
E insomma, nulla di che,
ma se proprio vi capitasse tra le mani, buona lettura.
* * *
Prima edizione:
Settembre 2016
Pagine: 100
Edizione e progetto
grafico: INGEGNIedizioni di Franco
Chirico
Editore tecnico: Youcanprint
ISBN: 9788892626966
Edizione cartacea disponibile in tutti i bookstore online, in libreria invece occorre l’ordinazione.
Ebook (epub/mobi per Amazon, Kobo, Apple) disponibile
dal 20 ottobre 2016 in tutti i principali store online italiani ed esteri.
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